Sono passati quasi due mesi dal Premio Nazionale Antonino Caponnetto per la Cultura della Legalità 2017 giorno in cui Gioacchina, Irene e Marianna Napoli sono state premiate per il loro impegno nella lotta alle mafie. Ma dal Premio che cosa è successo? UN SACCO DI COSE BELLE a dimostrazione del fatto che la conoscenza e l’attenzione pubblica sono i presupposti per creare le condizioni di un futuro diverso e affrontare insieme le fragilità di chi con coraggio rimane indietro.

Abbiamo parlato al telefono con Irene per avere loro notizie e nonostante l‘influenza che le ha colpite, i lavori agricoli sono andati avanti grazie a Libera, Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie che ha mandato gli operai per aiutarle nei lavori nei campi. Il 21 dicembre 2017 il Collegio dei Geometri della provincia di Palermo ha premiato Gioacchina Napoli con una targa “per il coraggio dimostrato nel testimoniare che la cultura della legalità può vincere sulle logiche dell’intimidazione”. Irene è stata convocata dal prefetto di Palermo Antonella De Miro, anch’essa premiata con il Premio Antonino Caponnetto nel 2012, che ha voluto conoscerla e congratularsi con lei.

A breve riceveranno l‘elargizione concessa ai soggetti vittime di richieste estorsive del Fondo di Solidarietà del Ministero dell‘Interno. Sono state invitate da Tv2000 per un‘intervista da mandare in onda in un talk show al mattino e da La7 per la trasmissione di Massimo Giletti “Nonelarena”. Sono rimaste in contatto con Pino Ciociola, il giornalista dell’Avvenire, che tra qualche mese le andrà a trovare per un nuovo servizio.

Non ci sono più state “invasioni” da parte di animali nelle loro terre. Irene ha visto un allevatore richiamare e portare via il proprio bestiame che aveva sconfinato. Non ci sono stati nemmeno più atti intimidatori. Fondazione Un Raggio di Luce le sosterrà per l‘acquisto della mietitrebbiatrice di cui hanno urgente bisogno per mandare avanti la loro azienda agricola.

Per contrastare le mafie e la corruzione occorre sì il grande impegno delle forze di polizia e di molti magistrati, ma prima ancora occorre diventare una comunità solidale e corresponsabile, che faccia del “noi” non solo una parola, ma un crocevia di bisogni, desideri e speranze. Una comunità che non si limita a constatare ciò che non va ma che si mette in gioco per farlo andare. Anche e soprattutto questo è il Premio Nazionale Antonino Caponnetto.

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