Abbiamo intervistato Sarada il 9 maggio del 2016. Ha 40 anni, è nata a Pandebanda in Nepal in una famiglia appartenente alla casta dei bramini. Ha smesso di studiare a 13 anni, quando la sua famiglia ha combinato il suo matrimonio con un ragazzo di 15 anni. I primi cinque anni di matrimonio sono stati durissimi a causa delle regole imposte da un capofamiglia dispotico, suo suocero. A 16 anni ha abortito, forse a causa delle fatiche alle quali non si poteva sottrarre, poi a 18 anni ha avuto il primo figlio al quale sono seguiti una bambina e altri due maschi. Come per le altre donne del paese, la sua vita era scandita dal “Chaupadi”, ossia l’isolamento e le restrizioni imposte alle donne durante il periodo mestruale.
Solo nel 2007, quando sono andata a far visita a mia sorella a Katmandu, mi sono venuti i primi dubbi, ho visto che lei non seguiva l’isolamento e che non c’erano conseguenze né per lei né per la sua famiglia. Poi nel 2012, nel nuovo centro sanitario, ho conosciuto la Fondazione Un Raggio di Luce ed il programma sull’uguaglianza di genere e mi sono proposta come volontaria per aiutare a migliorare la vita delle donne del mio paese e delle loro famiglie.>> Sarada avrebbe potuto rimanere indifferente a tutto ciò e arrendersi. Ma la vita deve andare avanti e Sarada questo lo sa bene. I suoi figli e le altre donne del paese hanno bisogno di lei e per loro deve rimanere forte. Sarada oggi è una delle animatrici del programma sull’uguaglianza di genere della Fondazione Un Raggio di Luce ed è anche un’alfabetizzatrice. Tiene incontri periodici sulle tematiche della violenza e dei matrimoni precoci, sulla necessità di coinvolgere gli uomini nelle attività domestiche e sull’eliminazione del Chaupadi. Sostenendo il lavoro della Fondazione Un Raggio di Luce sempre più donne potranno avere accesso alle conoscenze giuste e alle cure per migliorare le loro condizioni di vita.