Dal 2016 la Fondazione è impegnata in Nepal con un progetto per il rafforzamento del ruolo della donna.
Le attività svolte sono diverse tra loro ma tutte perseguono il medesimo obiettivo: sostenere, e rafforzare il ruolo delle donne che abitano nel distretto di Jumla, dando loro la giusta formazione in ambito agricolo e di gestione economica di una piccola attività, la fornitura degli strumenti agricoli e le sementi necessarie per un buon raccolto e la giusta informazione per promuovere la parità di genere e contrastare il fenomeno del "chaupadi"
Durante tutti questi anni di lavoro sul campo, abbiamo incontrato tantissime beneficiarie e molte di loro ci hanno raccontato la loro storia a testimoniare quanto sia importante lavorare dando loro fiducia e portando alla luce le capacità che ognuno ha dentro di se.
Ramita è una delle tante donne che abbiamo incontrato e che ha fatto parte del progetto e questa è la sua storia...
" Mi chiamoi Ramita Sarki, sono una donna Dalit, ho 28 anni e vivo nel comune di Tila.
Ha studiato fino alla terza media, ma l’anno dopo sono fuggita con un ragazzo più grande che frequentava la scuola superiore. Si chiamava Dar Sarki di Danibada ed è diventato mio marito: per questo motivo ho interrotto gli studi.
Quando mi sono sposata, mi sono trasferita in casa della famiglia di mio marito che era composta, oltre che da noi due, da mia suocera, due cognati e una cognata. Dopo due anni di matrimonio, mio marito è partito per l’India in cerca di lavoro ed è tornato a casa solo dopo quattro anni. Nel frattempo, mi sono dovuta accollare la responsabilità di tutta la famiglia acquisita. Eravamo tanti e i soldi non bastavano così sono stata costretta a trovarmi un lavoro per mantenere tutta la famiglia.
Finalmente dopo quattro anni, mio marito è tornato a casa, ma era cambiato, non era più lo stesso uomo che avevo conosciuto. Era diventato dipendente da fumo e alcool, ha cominciato a sgridarmi sempre più spesso e a rubare il poco denaro che guadagnavo per comprarsi gli alcolici. Il suo malessere è diventato sempre più grande fino a quando non ha iniziato a picchiarmi e minacciare di buttarmi fuori di casa.
Tutto questo è andato avanti per tre anni, durante i quali sono rimasta incinta di mio figlio.
La situazione era diventata sempre più brutta e continuava di giorno in giorno a peggiorare; non ce la facevo più a resistere alle continue minacce e percosse, avevo paura per mio figlio e così un giorno sono fuggita per ritornare alla casa di mia madre. Ma anche così, mio marito non si dava pace, non accettava che io restassi con i miei genitori e ha continuato a perseguitarmi, usando spesso violenza contro di me. Non ce l’ho fatta più e a causa dei continui maltrattamenti ho deciso di separarmi da lui e vivere con mio figlio nella casa di una mia vicina amica.
Non possedevo altro che un ropani di terreno irrigato e altri quattro ropani di terreno senza nessun canale di irrigazione, che aveva avuto in eredità dalla mia famiglia di origine. Il cibo che riuscivo a produrre da questi terreni era sufficiente per soli sei mesi e così, come avevo fatto in passato, ho cercato lavoro come bracciante per mantenere me e mio figlio.
Sono stati tempi molto, molto duri.
Poi nel 2016 ho avuto la possibilità di essere coinvolta dalla Kailash Community Organization nel progetto WELI –Women Empowerment Livelihood Improvement (puoi dire per l’emancipazione della donna). Per me era tutto nuovo e strano ma durante gli incontri che venivano organizzati dai responsabili di progetto ho ricevuto tante informazioni sulla violenza di genere e sulle leggi nepalesi che cercano di limitarla.
È stato durante quegli incontri, parlando con una gender-facilitator che ho avuto il coraggio di parlare della mia situazione, delle violenze subite da mio marito e delle possibili azioni legali contro di lui. Grazie all’aiuto di queste persone ho avuto la forza di denunciare mio marito alla polizia e in conseguenza a questo, alla presenza della stessa gender-facilitator e di due anziani del villaggio, mio marito mi ha chiesto perdono e ha firmato una dichiarazione nella quale sottoscriveva di volersi comportare correttamente non usando più violenza nei miei confronti.
Oggi sono contenta perché tutto è tornato alla normalità! Sono ritornata ad abitare con mio marito con il quale vivo in armonia…da pochissimo è nata anche la nostra secondo genita.
Sono felice anche perché grazie al progetto WELI ho fatto un corso di formazione per la produzione di ortaggi. Vista la mia condizione economica, questo corso mi ha permesso di coltivare e vendere più fagioli, riuscendo a guadagnare un piccolo stipendio. Anche mio marito si occupa del raccolto insieme a me ma finalmente ha trovato anche lui un altro lavoro come salariato, qua dove abitiamo.
È cambiato radicalmente e di questo ne sono molto felice."
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